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LA VOCE IN MASCHERA: corso di dizione e interpretazione

rassegna di Commedia dell'Arte - VI edizione

 

CORSO DI DIZIONE E INTERPRETAZIONE

LA VOCE IN MASCHERA 
itinerario di training vocale, corporeo e di interpretazione

Attraverso l’educazione della propria voce, la sperimentazione diretta e creativa della lettura espressiva e della recitazione, non disgiunta dall’espressione corporea, saranno offerti alcuni stimoli per l’acquisizione di una maggiore consapevolezza dei propri mezzi espressivi e delle potenzialità verbali e non verbali.
Il corso è diviso in due parti: la prima, propedeutica, riguarda l’uso e l’espressione dello strumento vocale e l'acquisizione di elementi della dizione. La seconda parte, più creativa, riguarda la lettura espressiva e l'interpretazione attorale.
Argomenti del corso:
  1. LA VOCE IN AZIONE
    a) Voce in azione: la voce parla in noi. Fisiologia e patologia della voce
    b) Ascolto il mio respiro. Ma come respiro quando parlo?
    c) Quando la voce è professione: come la gestisco? Quando la voce ci tradisce
    d) Mi rilasso e respiro. Dal respiro alla voce
    e) La voce come strumento
    f) L' espressività vocale e verbale
    g) Principi di dizione: le norme che regolano la perfetta pronuncia della lingua italiana
     
  2. ESPRIMERSI CON LA VOCE, LA PAROLA E IL MOVIMENTO: INTERPRETARE UN PERSONAGGIO
    a) Leggere e interpretare
    b) Il corpo in movimento
    c) L’arte dell’attore
    d) Interpretare un personaggio

Al termine del corso, i partecipanti che danno la propria disponibilità, avranno la possibilità di essere chiamati a partecipare, come interpreti, ai principali eventi teatrali organizzati dal C.U.T. "La Stanza".
DOCENTI: Maria Candida Toaldo, Mariuccia Franzoni, Elena Serra
Il corso, riservato ad un numero massimo di 25 partecipanti, si svolgerà ogni martedì, dalle 18.30 alle 21.00, a partire dal 26 novembre 2013 al 11 marzo 2014, presso lo Spazio Teatro dell’Istituto Canossa, in via San Martino della Battaglia 11 – Brescia.

Date
  • 26 novembre 2013
  • 3, 10 dicembre 2013
  • 28 gennaio 2014
  • 4, 11, 18, 25 febbraio 2014
  • 4, 11 marzo 2014
Totale ore 25

Costo
  • € 120,00 per gli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
  • € 180,00 per gli esterni

 

Informazioni e iscrizioni presso:
Università Cattolica del Sacro Cuore
Servizio Formazione Permanente

Contrada Santa Croce 17, 25122 Brescia
tel. 030.2406504-501, fax 030.2406505
e-mail: form.permanente-bs@unicatt.it



Insulto dunque sono

Venerdì 22 novembre 2013
ore 18.00 presso la Libreria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Brescia
Via Trieste, 17/D
rassegna di Commedia dell'Arte - VI edizione
(s)mascheramenti sociali



presentazione del libro

INSULTO DUNQUE SONO
di Giovanna Buonanno
edizioni EMI



alla presentazione del libro saranno presenti:
prof.sa Giovanna Buonanno, autrice
prof.sa Maria Candida Toaldo, direttrice artistica del C.U.T "La Stanza"
prof.sa Lydia Keklikian, mediatrice culturale e insegnante di religione



Una difesa a spada tratta del politically correct? Non esattamente così. L'autrice non crede che sostituire vocaboli «neutri» alle parole razziste estirpi automaticamente i sentimenti e gli atteggiamenti discriminatori. È vero, però, che ogni epiteto che un gruppo umano rivolge ai  componenti di un altro gruppo ha la sua storia − che non è mai una bella storia. Senza contare che tutti i genocidi sono stati preparati e alimentati da un linguaggio oltraggioso. Anche quando non si scagliano insulti e si impiegano espressioni più eleganti, queste sono comunque figlie di un pensiero che trova la diversità dell'altro più rilevante della sua appartenenza alla comune umanità. «Di colore», per esempio, è solo apparentemente più innocuo di «negro».

Questo libro, che passa brillantemente in rassegna centinaia di ingiurie ed epiteti dall'Italia e dal mondo, e di epoche diverse, ci svela quanto siamo tutti prigionieri di bassi «istinti» linguistici. Quanto, in fondo, il seme del razzismo alberghi in ciascuno di noi.
 


Giovanna Buonanno, originaria di Pozzuoli, è laureata in pedagogia ed è stata insegnante e dirigente scolastico, in scuole del Bresciano caratterizzate da un'alta presenza di alunni figli di lavoratori immigrati. Ha ideato e diretto il corso di formazione per insegnanti, patrocinato dal Csa di Brescia, sulla vita e i costumi dei rom. È stata responsabile per l'editrice Vannini della collana «Fuochi d'artificio» sulle tematiche interculturali.



ingresso libero e gratuito

 

 

DAL VELO AL VOLTO - incontro con Nadia Zatti

Martedì 12 Novembre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Brescia
Rassegna di Commedia dell'Arte - VI edizione
(S)mascheramenti sociali


Dal velo al volto


 


incontro con Nadia Zatti, autrice del libro 

“Ho un cervello sotto il velo! Il punto di vista delle donne musulmane”
(Cavinato Editore) 


e Claudio Bernardi Docente di Drammaturgia all’UniversitàCattolica del  Sacro Cuore di Brescia, Cadigia El Maani Studentessa ed amica dell’autrice, Issam Mujahed Presidente del  Consiglio delle Relazioni Islamiche Italiane (CRII), Lydia Kekiklian Mediatrice culturale. 


Il tema della rassegna “Dalla maschera al volto” ben si adatta al tema del libro della dott.ssa Nadia Zatti “Ho un cervello sotto il velo! Il punto di vista delle donne musulmane”. Spesso le donne islamiche, con le quali sempre più spesso siamo chiamati a confrontarci per effetto dell’immigrazione, sono vittime di pregiudizi a causa dell’indumento che più le contraddistingue, il velo, il quale diventa una maschera socio-culturale. Quando ci imbattiamo in una donna velata spesso la cataloghiamo e la schediamo secondo schemi già predisposti. Tuttavia sotto quella “maschera-velo” c’è un volto, una persona, un’identità che, a condizione di lasciarla esprimere, ci può svelare i segreti, le ragioni ed il valore di quel “mascheramento” e quindi aprirci alla conoscenza di una nuova cultura. Con questo incontro si intende proseguire la filosofia interculturale che da anni caratterizza il C.U.T.: la conoscenza di culture ed esperienze diverse che è il mezzo più efficace per arricchire il proprio bagaglio artistico.


Nadia Zatti
Nadia Zatti, 22 anni, residente a Brescia, dopo aver studiato al liceo scientifico di Asola (MN) si è laureata nell’ottobre 2012 presso l’Università degli studi di Padova, Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali nel corso di laurea triennale in Scienze Politiche, Relazioni Internazionale e Diritti umani.

Per maggiori informazioni sull'autrice e sul libro clicca qui



ingresso libero e gratuito



LA PELLE SOPRA LA MASCHERA - incontro con Flavio Emer

Venerdì 8 Novembre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Brescia
Rassegna di Commedia dell'Arte - VI edizione


La pelle sopra la maschera
incontro con l’autore Flavio Emer
 



intervengono gli attori del C.U.T. “la Stanza” per la regia di Maria Candida Toaldo



È consueto pensare che dietro ad una maschera si celi un’identità differente ed artificiale, nascosta dalla protezione che, quasi come la spessa griglia di un comodo quanto ipocrita confessionale, permette di esprimere l’indicibile, di comunicare fintamente il profondo, evitando che le espressioni corporee tradiscano apertamente lo stato d’animo. Ma una maschera non è soltanto ciò che si poggia sul viso, o sull’interezza della propria persona, quale oggetto estraneo, costruito alla bisogna che, tuttavia, non ci appartiene; esiste un mascheramento perfettamente aderente al corpo: fatto di muscoli, organi del senso, nervi e pelle. L’involucro del nostro io. La nudità di un travestimento può rendere addirittura più forzata la relazione se, titubanti ed indifesi, non sappiamo presentarci con sincerità. L’insicurezza di essere senza veli, il timore che costringe a cercare una foglia per illudere che il nascondimento sia totale. La pelle sopra la maschera; l’esitazione dell’essere se stessi, in tutto il bene ed in tutto il male. Allora non sarebbe d’aiuto coprire il volto per trovare quel breve coraggio del vero confessionale? Non potrebbe divenire la maschera occasione di chiarezza anziché di misteriosa simulazione? Non conta il rifugio dietro cui ognuno decide di porsi; conta la voglia di creare le condizioni più adeguate (coperti o scoperti) affinché tra noi ed il mondo il dialogo sia franco, profondo, efficace.



Flavio Emer

Flavio Emer è uno scrittore bresciano che, a causa della distrofia mielogena, vive in una condizione di assoluta immobilità. Nel 1993 esce il suo primo libro "Il mio cielo è diverso", nel 1996 è la volta de "Il corponauta", nel 2009 scrive "Sensi in-continenti". Nel 2013 viene pubblicata una nuova edizione arrichita ed ampliata de "Il corponauta".


ingresso libero e gratuito



Mephysto di István Szabó



Martedì 5 Novembre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore - sede di Brescia
Rassegna di Commedia dell’Arte – VI edizione

(S)mascheramento dell’io
dal volto alla maschera.

Mephysto

di István Szabó

proiezione cinematografica


Introduce Lucia Mor, Docente di Letteratura tedesca all’Università Cattolica del Sacro Cuore


Germania, Anni ’30. Hendrick Höfgen è un attore di grande talento che lavora in un teatro di Amburgo, ma sogna di farsi conoscere in tutta la nazione. Dopo aver sposato Barbara Bruckner, una ragazza di elevata posizione sociale, Höfgen si trasferisce a Berlino, riscuotendo un enorme successo grazie al ruolo di Mefistofele nel “Faust” di Goethe e diventando in breve tempo uno degli artisti di punta del regime nazista.

Presentato al Festival di Cannes del 1981, “Mephisto” è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo pubblicato nel 1936 da Klaus Mann (figlio del celebre scrittore Thomas Mann) ed ispirato alla reale vicenda di suo cognato, l’attore Gustaf Gründgens, noto per aver sfruttato la propria adesione al nazismo a fini professionali. Diretto dall’apprezzato regista magiaro István Szabó (“Bizalom”), che ne ha anche firmato la sceneggiatura insieme a Péter Dobai, e con il magistrale apporto della fotografia dai toni cupi di Lajos Koltai, “Mephisto” ha ottenuto un grande successo in tutto il mondo ed ha ricevuto moltissimi riconoscimenti, incluso il premio Oscar come miglior film straniero (la prima ed unica vittoria per una produzione ungherese). La pellicola, inoltre, ha contribuito all’affermazione del popolare attore austriaco Klaus Maria Brandauer, che negli anni seguenti sarà il protagonista di altri due acclamati film di Szabó, “Il colonnello Redl” (1985) e “La notte dei maghi” (1988).
Ambientato in Germania negli anni dell’ascesa al potere di Hitler e del nazionalsocialismo, “Mephisto” mette in scena la parabola del protagonista Hendrick Höfgen (Brandauer), un ambizioso e dotato attore che, pur di fare carriera nel teatro di regime, si scopre disposto a rinnegare le sue idee di sinistra e a scendere a compromessi con la propria coscienza. La storia raccontata nel film di Szabó diventa così un’agghiacciante metafora dell’ambiguo rapporto fra arte e potere, narrata con uno stile lucido ma capace al tempo stesso di rappresentare con vivida energia i demoni che si agitano nell’animo del personaggio. E non a caso Höfgen, approdato a Berlino in cerca di fortuna, otterrà finalmente la sua tanto agognata consacrazione proprio grazie al ruolo di Mefistofele nel “Faust” di Goethe, che gli varrà l’ammirazione incondizionata del pubblico tedesco e la stima degli alti esponenti del nazismo. Höfgen, che ogni sera sul palcoscenico indossa la maschera bianca e spettrale di Mephisto, per ironia della sorte si trova ad incarnare invece la parte di Faust, che vende l’anima al diavolo in cambio del suo trionfo di artista.
Pur attenendosi fedelmente alla fonte letteraria, Szabó attenua i toni satirici e grotteschi del bellissimo romanzo di Mann, per accentuare invece l’aspetto più drammatico nel percorso umano di Höfgen / Gründgens. Il film è arricchito anche da un’interessante galleria di personaggi secondari, come la moglie di Höfgen, Barbara Bruckner (Krystyna Janda), la fascinosa attrice Nicoletta von Niebuhr (Ildikó Bánsági), la sua focosa amante nera Juliette Martens (Karin Boyd) ed il generale Tábornagy (Rolf Hoppe), un pezzo grosso del regime nel quale è possibile intravedere la figura di Göering; ma a brillare più di tutti è l’istrionico Klaus Maria Brandauer, vero e proprio animale da palcoscenico, che si immerge con vibrante forza espressiva nella parte dell’attore destinato a vestire i panni del demonio. Impressionante la sequenza conclusiva, con Höfgen che corre in una vasta arena deserta inseguito dalle luci accecanti dei riflettori, consapevole ormai delle tenebre senza fine in cui si è sprofondato.

http://filmedvd.dvd.it/drammatico/mephisto/


Istvan Szabo
Regista cinematografico ungherese, nato a Budapest il 18 febbraio 1938. Tra gli autori più conosciuti e premiati del suo Paese, rappresentante del nuovo cinema che si poneva in linea di continuità con le nouvelles vagues europee degli anni Sessanta, ha realizzato opere animate da un vivo interesse per le vicende storiche dell'Ungheria, analizzate con grande acutezza e sensibilità narrativa. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti, oltre all'Oscar come miglior film straniero assegnato nel 1982 a Mephisto (1981), ha vinto nel 1967 il Gran premio al Festival di Mosca con Apa (1966; Il padre) e ha ricevuto per due volte l'Orso d'argento al Festival di Berlino, con Bizalom (1979, Fiducia) e con Édes Emma, drága Böbe (1992; Dolce Emma, cara Böbe). Terminati gli studi liceali, nel 1956 Szabo si iscrisse alla Scuola superiore di teatro e cinema di Budapest, dove seguì i corsi di Félix Máriássy. Nell'ambito di quelle lezioni ebbe modo di vedere i film del Neorealismo e della nascente Nouvelle vague, opere che sarebbero sempre rimaste per il regista importanti punti di riferimento: a questo nuovo tipo di concezione cinematografica si richiamava già il cortometraggio da lui presentato come saggio di diploma, Koncert (1961, Concerto), che ottenne grandi consensi. Nello stesso anno, con alcuni suoi compagni di corso (tra cui i registi Pál Gábor e Ferenc Kósa e il direttore della fotografia Sándor Sára), rifondò lo studio Béla Balázs (nato come club di cinefili tre anni prima), che divenne un vero e proprio laboratorio sperimentale, frequentato da intellettuali come G. Lukács, e che permise ai giovani registi ungheresi di elaborare, collettivamente e in piena libertà, una propria nuova cinematografia. Dopo aver realizzato alcuni cortometraggi all'interno dello studio e aver lavorato come assistente alla regia, nel 1964 Szabo diresse il suo primo lungometraggio, Álmodozások kora (L'età dei sogni), film dai contenuti autobiografici, esplicitamente ispirato all'opera di François Truffaut, che descrive le esperienze, gli stati d'animo e gli interrogativi di un gruppo di giovani. Nel successivo Apa, definito dallo stesso Szabo 'l'autobiografia di una generazione', si narra la storia di un ragazzo che, ossessionato dalla figura del padre morto, lo idealizza creando una personale mitologia; il film, che nel personaggio del padre adombra il mito di Stalin, si confronta coraggiosamente con il recente passato ungherese. Gli avvenimenti politici del 1956 sono il punto focale di Szerelmesfilm (1970, Film d'amore), che racconta le vicissitudini di due giovani innamorati, cresciuti insieme e costretti poi a separarsi. In quest'opera Szabo mostra il dramma e la frattura vissuti dal suo Paese dopo la rivoluzione, così come in Apa aveva messo in scena gli anni dolorosi del secondo dopoguerra. Le speranze, i dolori e le memorie degli inquilini di un caseggiato di Budapest in procinto di essere demolito sono al centro di Tűzoltó Utca 25 (1973; Via dei pompieri 25), riuscito e ben strutturato ritratto collettivo che testimonia la capacità narrativa del regista. Ancora Budapest è lo sfondo dei due film successivi, Budapesti mesék (1976, I racconti di Budapest) e Bizalom, storia di un uomo e una donna che durante la guerra partecipano alla resistenza contro il nazismo, narrata da Szabo con sicurezza e senza enfasi. Il riconoscimento a livello internazionale è stato poi confermato dal successo di Mephisto, tratto dall'omonimo romanzo di K. Mann che si ispira alle vicende vissute da Gustav Gründgens nel periodo del Terzo Reich. Il film, che si avvale dell'intensa interpretazione di Klaus Maria Brandauer, è una lucida riflessione sui rapporti tra gli artisti e il potere politico. Ancora Brandauer è stato il protagonista di Redl ezredes, noto anche come Oberst Redl (1985; Il colonnello Redl), incentrato sulla figura ambigua di un ufficiale asburgico che, divenuto una spia per opportunismo, si suicida poco prima dell'attentato di Sarajevo; vicino per contenuti e stile al precedente e come quello sceneggiato dallo stesso Szabo e da Péter Dobai, ha ottenuto il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes. La vicenda di Hanussen (1988; La notte dei maghi) - quella di un soldato austriaco (ancora Brandauer) che, scopertosi veggente, viene prima usato e poi eliminato dal regime nazista - conclude questa sorta di trilogia sulla solitudine, il potere e l'ineluttabilità della Storia. Nel 1990 Szabo ha realizzato, in Inghilterra, Meeting Venus (La tentazione di Venere), commedia poco convincente, con un cast internazionale, ambientata nel mondo dell'opera, tornando poi in Ungheria per dirigere Édes Emma, drága Böbe, disincantata analisi della situazione ungherese dopo la caduta del Muro di Berlino condotta mostrando le difficoltà di due insegnanti di russo che vivono nella Budapest post-comunista. Nel 1999 ha diretto Sunshine, saga in parte autobiografica che segue le vicende di una famiglia ebrea ungherese lungo diverse generazioni, mentre con Taking sides, noto anche come Der Fall Furtwängler (2001; A torto o a ragione) è tornato ai temi di Mephisto, analizzando il ruolo dell'artista nei regimi totalitari. Attraverso la struttura da film inchiesta e l'utilizzo di materiali di repertorio, viene narrata l'indagine compiuta nell'immediato dopoguerra da un ufficiale statunitense (Harvey Keitel) sul famoso direttore d'orchestra Wilhelm Furtwängler (Stellan Skarsgård), accusato di adesione al nazionalsocialismo e successivamente prosciolto dalle accuse. 

http://www.treccani.it/enciclopedia/istvan-szabo_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/


INGRESSO LIBERO E GRATUITO



GLI "UCCELLI" DI ARISTOFANE TRA FINZIONE SCENICA E REALTA' POLITICA

Martedì 29 Ottobre 2013, ore 17.45
Foyer del Teatro Sociale
Rassegna di Commedia dell'Arte - VI edizione
ingresso libero e gratuito

(S)mascheramenti del potere
Gli “Uccelli” di Aristofane tra finzione scenica e realt à politica
Lezione spettacolo
Con Maria Pia Pattoni, Docente di Letteratura greca e di Storia del teatro greco e latino all’Università Cattolica del Sacro Cuore e gli attori del C.U.T. “La Stanza” - Regia di Maria Candida Toaldo


Gli Uccelli di Aristofane, rappresentati in Atene nel 414 a.C., drammatizzano le fasi che portano all’instaurarsi del potere politico, attraverso una serie di mascheramenti comici basati sullo schema drammaturgico della sovversione: sovversione che qui coinvolge l’intera gerarchia dell’universo, con le sue rigide separazioni tra dèi e uomini e tra uomini e animali. Ininterrottamente, per l’intera commedia, si parla degli uomini e degli dèi come se fossero uccelli, e degli uccelli come se fossero uomini o dèi, degli dèi come uomini e, alla fine, si parla di un uomo come se fosse un dio. Mediante l’allegoria della fondazione di una nuova città, il sistema del potere viene dunque colto nel suo formarsi e smascherato nei suoi meccanismi genetici.


in collaborazione con

LABORATORIO TEATRALE DI MIMO - Elena Serra



Sabato 26 e Domenica 27 ottobre 2013
Spazio Teatro dell’Istituto Canossa
Via San Martino della Battaglia 11, Brescia



METAFORE e METAMORFOSI del CORPO dell’ATTORE
dal mito greco al teatro contemporaneo
laboratorio teatrale di mimo (gratuito)
conduce Elena Serra



Lo studio e l’analisi delle tecniche del mimo sono un esercizio fondamentale per la formazione dell’attore, poiché lo aiuta a padroneggiare, sulla scena, il primo strumento drammatico ed essenziale che possiede: il corpo. Il mimodramma nasce nell’antica Grecia, i mimi mascherati agivano le parole recitate dal coro. La maschera doveva quindi essere sostenuta dalla forza drammatica del corpo, da gesti precisi: convenzioni, simboli, parabole, allegorie, metafore. L’attore si impegnava con il proprio corpo a grandi metamorfosi per identificarsi con gli Dei e il cosmo. Nel laboratorio sarà approfondito il lavoro del corpo legato all’arte del mimo e del gesto dalle sue origini, attraverso lo studio del repertorio dei grandi maestri del passato, della Commedia
dell’Arte, del cinema muto e burlesco, giungendo al teatro contemporaneo dove il corpo è ritornato ad essere il protagonista della scena. L’arte del mimo fa parte della grande illusione del teatro, è l’essenza umana che traduce le emozioni universali.

Elena Serra è regista, attrice e formatrice in arti del mimo e del gesto, è stata l’assistente del grande mimo francese Marcel Marceau per venti anni, insegnando nella sua scuola e interpretando gli spettacoli della sua compagnia che fra il 1992 e il 2005 hanno fatto il giro del mondo. Collaboratrice di Carlo Boso dal 2005 in Mimo e pantomima presso l’Accademia internazionale delle arti dello spettacolo, Elena Serra continua ad insegnare in diverse scuole di teatro e università in Francia e in Europa (ad esempio l’Atelier di Teatro Fisico di Torino, le scuole di arte drammatica Paolo Grassi e Nico Pepe, l’istituto Nazionale delle Arti del Music-Hall, l’Accademia Internazionale in Belgio di Neufchateau).



Orari del laboratorio:
- sabato dalle 14.00 alle 18.00
- domenica dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00



Il laboratorio è gratuito. Iscrizione obbligatoria fino ad esaurimento posti, presso il Servizio Formazione Permanente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia.
Info: email: form.permanente-bs@unicatt.it; tel. 030.2406504



L'ARTE DEL MIMO E DEL GESTO - Elena Serra



Venerdì 25 ottobre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore
Rassegna di Commedia dell’Arte – VI edizione


L’ARTE DEL MIMO E DEL GESTO 
lezione spettacolo
 di e con Elena Serra 



L’arte del mimo é un’arte antica, primitiva e totale. È l’essenza dell’essere
umano. Il bambino mima il mondo per imparare a riconoscerlo e a confrontarsi
con esso. Il teatro é un gioco (jeux) che prolunga questo evento.
Elena Serra



La “lezione spettacolo” si presenta come una conferenza che alterna momenti pedagogici e teatrali di ordinaria o straordinaria quotidianità, nella quale Elena Serra indossa ruoli diversi: la pedagoga, il mimo, l’artista, la regista…. la donna. La lezione spettacolo è un viaggio da condividere con il pubblico, per trasmettere con passione, ironia e poesia il percorso di un’artista che da oltre venticinque anni si consacra all’arte del mimo e del gesto.


Elena Serra

Elena Serra, attrice, regista e professore di mimo, ha collaborato per venti anni con il celebre mimo Marcel Marceau.
Dilpomata alla Scuola Internazionale di Mimodramma di Parigi “Marcel Marceau”, diventa sua assistente, insegna dieci anni nella scuola e accompagna il Maestro in numerose tournèe nel mondo intero. La sua formazione pluridisciplinare (danza, teatro, clown, commedia dell’arte, mimo, acrobazia) la orienta verso una ricerca dell’attore «totale», dove il corpo è sempre il primo strumento drammatico a esprimersi sulla scena.
Attualmente collaboratrice di Carlo Boso all’Accademia delle arti dello spettacolo a Montreuil, Elena continua a formare giovani attori in stage e Master Class in tutta Europa (Scuola Paolo Grassi a Milano, Accademia di Neufchateau in Belgio – Scuola di Teatro Fisico a Torino, Istituto delle Arti del Music-Hall a Le Mans, Festival di mimo Reus in Spagna – Centro di formazione delle arti della scena a Lodeve – Università Cattolica di Brescia……).
Elena Serra ha creato uno spettacolo di teatro visuale «Teresa» in omaggio al suo maestro Marcel Marceau, che ha portato al Festival d’Avignone e attraverso numerose tourne nel mondo intero (Africa, Sud America, Spagna, Belgio, Italia, Francia).

@RLEU, DIAVOLO BUFFO - Eugenio de' Giorgi



Mercoledì 23 ottobre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore
Rassegna di Commedia dell’Arte – VI edizione


@RLEU, DIAVOLO BUFFO
 spettacolo teatrale


di e con Eugenio de’ Giorgi

Musiche di Luciano del Giudice

Introduce Anna Maria Testaverde, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo all’Università degli Studi di Bergamo

Il servo Zani (o Zanni) della tradizione buffonesca delle rappresentazioni all’improvviso, il villano Ruzante di Angelo Beolco, detto Ruzante; e Trappolino, Mezzettino, Trufaldino, Scapino, Sganarello, fino all’ “Arlechin” di Goldoni: sono altrettante facce, altrettante maschere di uno stesso personaggio, l’Arlecchino della Commedia dell’Arte; un buffone antico, un proto ­‐clown, straordinario giullare, servo furbastro, pezze al sedere e cervello fino, abilissimo nel cercar di accontentare quelli che sono i suoi bisogni primari: mangiare, bere e fare all’ amore. Sogna molto e immagina moltissimo: ingurgitare quantità enormi di cibi squisiti, bere botti di vino fino a scoppiare e amare dame bellissime, cortigiane, regine. E’ capace d’imprese oscene, ma mai volgari o pornografiche o disoneste. Nel suo mondo non esiste il concetto di moralità, ma non è mai malvagio né vizioso; ingannato e truffato è raramente vendicativo, né maligno; può prestarsi ad essere ruffiano, ma conservando sempre un’innocenza fanciullesca. E’ truffatore, ma pronto a farsi in quattro per servire anche più padroni, pieno di dignità e saggezza popolare, ma sboccato; persino capace di “pietas”, di malinconie improvvise e imprevedibili, ma bugiardo fino alla morte. @rleu, diavolo buffo è una narrazione, una giullarata, un’affabulazione sul personaggio, dallo Zanni al Ruzante, dall’Arlecchino seicentesco a quello nuovo di de’Giorgi, senza maschera, istrione contemporaneo, un diavolo buffo. Sette secoli di avventure prodigiose, una lunga favola senza fine. Il personaggio nasce, muta, si evolve, cresce, prorompe in un fantasmagorico fuoco d’artificio, entrando nella storia, ormai immortale. Giunto a noi da un tempo senza tempo, Arlecchino ci insegna che, in fondo, in ognuno noi c’è un po’ di Arlecchino: siamo tutti, ancora oggi, figli della Commedia dell’Arte, interpreti tutti dell’arte della commedia della vita. E’ uno spettacolo allegro, divertente, comicissimo, ricco di battute, di lazzi, di atteggiamenti mimici, di musica e canzoni, di mutamenti di maschere, di travestimenti in abiti femminili, di giochi, di parole, di “grammelot”, di sghignazzi: il tutto derivato direttamente da quella Commedia dell’Arte, che ha fatto conoscere e trionfare la nostra tradizione teatrale in tutto il mondo.

Eugenio de’ Giorgi
Attore, autore e regista, fonda nel 1997 a Venezia l'Associazione Teatrale Duende e dal 1999 assume la direzione artistica del Teatro Olmetto di Milano insieme a quella delle stagioni di prosa di alcuni Comuni della Lombardia, tra cui: Palazzolo sull'Oglio (BS) (stagioni 1999/2000, 2000/2001, 2001/2002), Chiari (BS) (stagioni 2000/2001,2001/2002), Polo Rocche Castelli Abbazie (stagione 2007), Festival dell'Arca a Venezia (2008).  Partecipa due volte all'Arlecchino d'Oro di Mantova: nel 1999 insieme a Dario Fo, Ferruccio Soleri, Marcello Bartoli ed Enrico Bonavera, quindi nel 2003 con il suo monologo Lo sghignazzo di Arlecchino. Organizza e partecipa a seminari e convegni sulla Commedia dell'Arte pressole principali istituzioni culturali europee. Con lo spettacolo Storia della tigre e altre storie (2002) si avvicina al teatro di Dario Fo e nel 2004, grazie all'interpretazione di Mistero buffo, viene consacrato dalla critica come suo "erede spirituale".  Nel 2005, con Foolforshakespeare, inizia la sua collaborazione artistica con il regista Massimo Navone.
Nel 2006 è ideatore di Deus ex Machina - progetto sulle relazioni tra le tre religioni monoteiste - il cui primo episodio è Venezia 1516, affittasi monolocale zona ghetto, che dopo il debutto al Teatro alle Tese Cinquecentesche della Biennale di Venezia, viene rappresentato al Piccolo Teatro Studio di Milano e a Londra al Riverside Studios.  La sua naturale continuazione è stato il Festival dell'Arca 2008, rassegna di culturaebraica di cui è direttore artistico, all'interno del quale ha rappresentato Chisimb'Arca, testo del filosofo ed ermeneuta biblico Haim Baharier.
Previsioni meteo: diluvio universale. The rise and fall of Gianpy, ovvero ascesa e caduta di Gianpiero Fiorani - ex amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi -, spettacolo con cui debutta a Milano nel gennaio 2009 come autore ed attore, è il primo testo teatrale che si occupa di scalate finanziarie.  A Dicembre 2009 debutta al Teatro Franco parenti di Milano con lo spettacolo: Angelo Roncalli, in arte Papa Gioan, secondo episodio del progetto Deus ex Machina.



LE COMMEDIANTI - Eleonora Fuser



Lunedì 21 ottobre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore
Rassegna di Commedia dell’Arte – VI edizione


LE COMMEDIANTI
 spettacolo teatrale

 
Di e con Eleonora Fuser e Paola Brolati

Musiche di Luca Chiavinato


Eleonora Fuser e Paola Bromati in un’opera tratta dal repertorio delle due attrici specializzate in tecniche di Commedia dell’Arte. Le figure classiche di Pantalone, il Dottor Graziano, lo Zanni, la Cortigiana prendono vita sulla scena attraverso una scoppiettante serie di duetti e dialoghi dove i due corpi femminili si impegnano ad interpretare ruoli tradizionalmente assegnati ai soli uomini; “la maschera al femminile” ed “il corpo sotto maschera”. Con l’accompagnamento musicale eseguito dal vivo dal liutista Luca Chiavinato un recital dal ritmo esaltante, un omaggio ad un’antica forma di teatro che ha reso protagonista un certo tipo di cultura popolare. La lezione-spettacolo prevede un'introduzione sull'origine del mestiere dell'attore che inizia a metà del ‘600 con le prime compagnie di giro, per citarne una "I Gelosi" famiglia padovana con la mitica Isabella Andreini. E ancora…“Oriente e Occidente”, confronto tra tecniche e analogie concernenti la formazione
"dell'attore completo". L'Opera barocca, come esplicazione del fenomeno Commedia.


Eleonora Fuser
La sua carriera artistica inizia nel ’75, in cui è tra i fondatori del gruppo TAG Teatro, che si specializza in tecniche di Commedia dell’arte, lavorando con Carlo Boso, attore di Giorgio Strehler.
Nel 1981 partecipa alla Scuola di Antropologia Teatrale diretta da Eugenio Barba; in questa esperienza elabora tecniche a confronto tra oriente ed occidente, attuando un percorso di ricerca sul teatro popolare e producendo nel 1989 lo spettacolo “Il Racconto dei Racconti”, tratto da “Lo Cunto de li Cunti” di G. B. Basile, sintesi del suo percorso d’attrice che la vede sola in scena.
La sua specializzazione nella Commedia e nel Teatro Barocco, la porta a collaborare con diversi gruppi di Musica Antica soprattutto all’estero; insegna regolarmente al conservatorio di Brema in Germania.
Dal 1993 è attrice presso il Teatro Stabile del Veneto diretto da Giulio Borsetti; partecipa a diversi allestimenti per la regia di G. Emiliani: “Chi la fa l’apetti” di Carlo Goldoni; “Una delle ultime sere di Carnevale” di Carlo Goldoni; “Se no i xe matti no li volemo” di G. Rocca, per la regia di Giulio Bosetti; “la Guerra” di Carlo Goldoni, per la regia di L. Squarzina; “il Re Cervo” di C. Gozzi, per la regia di E. Allegri.
Lavora sempre come attrice: con Il Teatro Stabile di Innovazione "La Contrada" di Trieste, diretta da Francesco Macedonio; con il Teatro Stabile di Bolzano per la stagione 2007.
Dalla stagione 2005/2006 ad oggi lavora come attrice presso il Teatro Carcano di Milano diretto da Giulio Bosetti. Ultimamente è stata la protagonista femminile di Sior Todero brontolon di Goldoni con la regia di Giuseppe Emiliani.


AFFAIRE PICPUS - Enrico Bonavera



Venerdì 18 ottobre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore
Rassegna di Commedia dell’Arte – VI edizione

AFFAIRE PICPUS

spettacolo teatrale

Scritto da Enrico Bonavera e Christian Zecca

Regia Christian Zecca – Interprete Enrico Bonavera


“L’ AFFAIRE PICPUS” è il frutto dell’incontro tra Christian Zecca ed Enrico Bonavera.
Per strade e biografie del tutto diverse, capita, ed è cosa rara, di condividere improvvisamente una direzione e scoprire affinità che chiedono solo di trovare confronto concreto in un progetto.
Quando abbiamo pensato di riprendere il discorso interrotto nel precedente “NASO ALL’ARIA”, spettacolo del solo Bonavera del 1998, sapevamo con chiarezza che questa nuova creazione doveva possedere due caratteristiche: essere un recital di Enrico – con nasi posticci in vece delle maschere di cui è noto e affermato interprete – e nello stesso tempo la messa in scena di una storia che avesse per tema il ‘Naso’ in quanto archetipo, come simbolo della individuazione della persona.
Volevamo anche che il lavoro fosse surreale e patafisico, drammaturgicamente libero e un po’‘scellerato’: in qualche modo desse libero corso alle nostre associazioni mentali e al nostro divertimento.
Inizialmente siamo partiti da un riferimento preciso: “Il Naso”, di N. Gogol dalla raccolta ‘I Racconti di Pietroburgo’ e, un po’ in soggezione, abbiamo cercato di restare fedeli al suo assunto.
Poi, insoddisfatti a causa della nostra ingiustificata cautela e dubbiosi sul finale proposto dall’autore russo, abbiamo finalmente deciso di seguire il nostro ‘istinto’ e proseguire la storia liberamente portandola alle sue estreme conseguenze fantastiche e lasciandoci a quel punto ispirare dagli altrettanto beneamati Bulgakov e Kafka.
Mai avremmo immaginato che, volendo emanciparci dal contesto russo e cambiando nome al protagonista – qui chiamato Picpus con una scelta del tutto ‘automatica’ e non ragionata – avremmo incontrato tanti riferimenti alla cultura francese e alla sua storia.
Picpus infatti esisteva già: è la misteriosa persona che firma, in un noto romanzo di G. Simenon della serie “Maigret”, il biglietto lasciato sopra il corpo senza vita di una chiromante.

Ma sempre Picpus è il nome di una via parigina nella quale si trova l’unico omonimo cimitero in cui furono tumulate più di mille salme – di cui solo un centinaio davvero ritrovate – decapitate durante il Periodo del Terrore della Rivoluzione Francese. Tra questi il poeta Andrè Chenier.
E il convento limitrofo è citato da M. Foucault nel suo saggio “Storia della Follia nell’età classica”, come uno degli ospedali in cui erano ospitati alcune persone dementi.
In effetti lo spettacolo è la storia di una separazione – di una ‘scissione’ – di cui Picpus è vittima.
La storia di Picpus è quella di un uomo mediocre,  in  qualche modo sconosciuto, il cui naso sparisce e non intende tornare, nonostante egli si prodighi in ricerche e tentativi. Quel naso che ha acquistato vita propria, si afferma nel mondo con tutte quelle qualità di cui Picpus è privo o di cui ha sempre rimosso l’esistenza.
Il Naso, in preda ad una costante e imbarazzante euforia, darà vita ad un’autentica scalata al potere, andrà alla conquista del mondo intero, come fosse un’entità / forma pensiero che, una volta creata, condiziona la vita stessa delle persone che non hanno – giunte a questo punto – altra possibilità che esserne aggiogati.
Una scelta determinante per la ‘macchina teatrale’ è stata quella di non mettere il “Signor Picpus” al centro della scena, ma fare dei personaggi che girano intorno a lui i veri protagonisti, accompagnati nel loro manifestarsi da un Narratore dalla ambigua identità.
Comicità e delirio vanno a costituire uno spettacolo di un’ora e un quarto, in cui il Maestro Bonavera si cimenta con 13 diversi personaggi e calza altrettanti nasi, in un tourbillon di esilaranti quanto inquietanti caratterizzazioni, scivolando con leggerezza sul filo rosso di una follia che porta ad un finale escatologico e a sorpresa.



Enrico Bonavera

"Allievo di bottega" di Ferruccio Soleri, con alle spalle una formazione nell'ambito del teatro di ricerca, ha collaborato con l'Odin Teatret di Eugenio Barba. Svolge da ormai tre decenni la sua attività di attore di prosa e insegnante di teatro.
Oltre al Piccolo Teatro di Milano (con cui è stato dal 1987 al 1990 e successivamente dal 2000 ad oggi, interpretando i ruoli di Brighella ed Arlecchino nel mitico “Arlecchino servitore di due padroni”, con il quale ha praticamente girato tutto il mondo) ha lavorato con Teatri Stabili, Compagnie private e Cooperative, tra cui il Teatro Stabile del Veneto, il Teatro di Genova, il Teatro Carcano di Milano, il Teatro della Tosse e il Teatro dell'Archivolto di Genova, il TAG Teatro di Venezia e La Piccionaia - I Carrara di Vicenza.
Come attore di prosa, è stato diretto da Strehler, Lassalle, Sciaccaluga, Amelio, Battistoni, Soleri, Bosetti, Conte, Gallione, Crivelli, Kerbrat, Boso, Friedel, Hertnagl, Emiliani, Maifredi, Damasco, Zecca.
Collabora come insegnante con la Scuola di Recitazione del Teatro di Genova; con Prima del Teatro - Scuola Europea di S. Miniato di Pisa; con i Corsi estivi del Centro maschere di Abano Terme, diretto da D. Sartori, con l'Accademia Internazionale di Commedia dell' Arte del Piccolo Teatro di Milano diretta da Ferruccio Soleri.
Dal 2004 è docente al DAMS di Imperia del corso di Drammaturgia dell'attore.
Ha tenuto corsi per il Teatro all'Avogaria di Venezia, per il Teatro Stabile del Veneto, per il Teatro Ateneo dell'Università La Sapienza di Roma, per l'ENSATT di Lione, per lo Studium Actoris di Fredrikstat (Norvegia), all'Università di Rio de Janeiro, al Centro Int. di Teatro di Figura 'Odradek' in collaborazione con l’Università di Toulouse, l'ISTA diretta da Eugenio Barba presso il Teatro Potlach di Fara Sabina, all’HKPA di Hong Kong.
Nel 1996 è stato premiato al Festival di Borgio Verezzi, come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione di Arlecchino ne I due gemelli veneziani di Goldoni, regia di G. Emiliani.
Nel 2007 al Festival 'Mantova Capitale Europea dello spettacolo' è stato insignito de 'L' Arlecchino d' Oro' - premio già assegnato, tra gli altri, a Marcel Marceau, Dario Fo, Ferruccio Soleri.



I MENECMI di Tito Maccio Plauto



Sabato 12 Ottobre 2013, ore 21.00
Sala Polifunzionale - Università Cattolica del Sacro Cuore
Via Trieste, 17 - Brescia


I MENECMI
di Tito Maccio Plauto

spettacolo della
compagnia teatrale “La Resistenza della poesia” dell’Università degli Studi di Urbino


 

Personaggi e interpreti

Scarpetta e Pantalone           Riccardo Marchionni
Menecmo I                               Umberto Brunetti
Erozia                                      Monica Bravi 
Bombetta e Matrona               Barbara Spataro
Menecmo II                             Alberto Fraccacreta 
Messenione e Dottore             Matteo Giunta
                                   
Traduzione e adattamento: La Resistenza della Poesia

Consulenza filologica:  Dott.ssa Giorgia Bandini

Consulenza drammaturgica: Prof. Roberto Mario Danese


Trama
La commedia narra le esilaranti avventure che portano due gemelli, separatisi per disgrazia da bambini, a ritrovarsi dopo anni a Brescia. L’incredibile somiglianza genera una serie di equivoci che coin-volgono la moglie e l’amante di uno dei due fratelli, nonché servi, conoscenti e parassiti. I due gemelli sono infatti assolutamente iden-tici, però… c’è qualcosa che non va!


“La Resistenza della poesia”
La Resistenza Della Poesia è un’associazione culturale senza fini di lucro, nata nell’aprile del 2010 a Urbino dalla comune passione di alcuni studenti di Lettere e Filosofia nei confronti della letteratura e dell’arte. Dall’autunno del medesimo anno i Resistenti hanno portato avanti essenzialmente tre attività: l’omonima rivista quadrimestrale di cultura e poesia, nata come opuscoletto universitario ed ufficializzata nel 2012 sotto la direzione del Prof. Giuseppe Ghini, docente ordinario di Slavistica presso l’Università di Urbino. Nella sezione ‘Zampilli letterari’ i Resistenti propongono una propria voce sul versante critico, mentre la seconda parte della rivista (‘Calamaio scalognato’) ospita poesie e racconti dei redattori e dei collaboratori; l’attività teatrale, in particolare nel campo della Commedia dell’Arte, grazie all’incontro e agli stage formativi con il Maestro Carlo Boso, direttore dell’Académie Internationale Des Arts du Spectacle di Parigi. Dopo aver debuttato nel 2011 con Le Furberie di Scapino di Molière, i Resistenti hanno tradotto, adattato ed interpretato Casina (2012) e Menecmi (2013) di Plauto, nel tentativo di individuare una continuità fra la commedia plautina e la commedia improvvisa del ‘500; le letture teatrali e musicali nelle piazze, nelle librerie, nelle scuole, nei locali pubblici, nei circoli.



Rassegna di Commedia dell'Arte - VI edizione - 2013 


 

Immagini - C.U.T. "La Stanza" 1973-2013: uno spettacolo lungo quarant'anni - 8 ottbre 2013

dott.sa Maria Candida Toaldo, direttrice artistica del CUT

il folto pubblico al Teatro San Carlino

con alcune immagini "d'epoca" si ripercorre la storia del CUT



Monica Minoni interpreta un brano de "Le lettere di Berlicche"



il dott. Luigi Morgano, direttore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia